giovedì 26 gennaio 2017

26 gennaio 1887 - 26 gennaio 2017

Oggi ricorre un ben triste anniversario per le armi italiane.
A Dogali, nella mattinata di centotrenta anni fa, il 26 gennaio del 1887, si compiva il destino di quattrocentocinquantatre soldati italiani, tra ufficiali e truppa nazionale e indigena (che qui vogliamo affratellare, giacché caduti sotto la medesima insegna tricolore).
Questo brevissimo post vuole essere un modesto ricordo di tutti loro, figli di un'Italia diversa, giovane e forse ingenua, ma piena di speranze: velleità probabilmente, o forse sogni.
A loro il nostro deferente ricordo.


Elenco degli Ufficiali caduti a Dogali il 26 gennaio 1887







***
Ten. Col. Tommaso De Cristoforis
Cap. Bonetti Pio
Cap. De Benedictis Andrea
Cap. medico Gasparri Nicola
Cap. Longo Vito
Cap. Puglioli Cesare
Ten. Comi Gerolamo
Ten. Cuomo Federico
Ten. Di Bisogno Vincenzo
Ten. Feliciani Luigi
Ten. medico Ferretto Angelo
Ten. Fusi Luigi
Ten. Galanti Luigi
Ten. Gattoni Luigi
Ten. Griffo Carmelo
Ten. Saccani Pietro
Ten. Sburlati Ernesto
Ten. Tirone Giovanni
S.ten. Bellentani Giovanni
S.ten. Dessy Ennio
S.ten. Tofanelli Luigi
S.ten. Lombardini Giovanni Battista
S.ten. Martello Pietro

***


lunedì 16 gennaio 2017

Ettore Granata - Lettera dalla Libia di un pluridecorato al Valore

Qualche anno fa, girando per un mercatino nel biellese, la mia vista venne attratta da un gruppo di lettere scritte in matita copiativa e con uno stile coinvolgente e con anche qualche disegno e così, dopo una veloce contrattazione, le salvai dall'umido banchetto in cui erano esposte.

Una volta rientrato partirono le ricerche e scoprii così che il mittente era il militare Ettore Granata nato a Portovenere, allora in provincia di Genova, il 9 ottobre 1888.
Visto l'anno di nascita è probabile che entrò in servizio verso il 1907/1908, ma sui primi anni non ci sono giunte testimonianze.

La prima lettera giunta a noi è scritta da Bengasi il 23 Ottobre 1911, poco meno di un mese dopo l'inizio della guerra Italo-Turca.

Mappa della città di Bengasi (tratta dall'Enciclopedia Militare)
In quel periodo il Granata serviva, in qualità di sergente maggiore, nella 4^ compagnia del 63° Reggimento Fanteria della brigata "Cagliari". Come si vedrà dalla lettera il reggimento era partito dal porto di Augusta, probabilmente a bordo della corazzata "Vittorio Emanuele", ed era arrivato in vista della città il 18 ottobre. Il bombardamento della città iniziò il giorno successivo alle 7.30, e alle 8.50 le prime truppe presero terra nella zona di punta Giuliana e i combattimenti si protrassero fino a sera.
Durante i combattimenti il Granata rischiò grosso, ma un colpo di fortuna gli permise di scamparla senza un graffio:

Bengasi 23/10/911
Carissimi,
Dopo un bellissimo viaggio siamo qui giunti il 18. Sbarcati il 19 siamo stati immediatamente assaltati da un nugolo di arabi che ci hanno ostacolato il passo verso l’interno. Dopo un breve ma violento combattimento ne abbiamo avuto ragione e gli arabi hanno avuto circa 200 morti. Anche dei nostri qualcuno è morto. La mia compagnia che si è trovata per quattro volte all’assalto ha avuto il capitano e due tenenti feriti – 1 caporale morto e dieci feriti. Io ho ricevuto una pallottola che mi ha passato da parte a parte il portafoglio rovinando tutte le carte e le fotografie che vi erano. Te lo invierò se posso, per curiosità. Sto benissimo del resto. Si soffre molto più l’acqua che è schifosa. I turchi si sono ritirati nell’interno e noi siamo accampati alle porte di Bengasi. Per ora tutto è semi tranquillo. Termino perché parte la posta. Ti bacio caramente,
Tuo Ettore

In quella giornata le forze che fronteggiarono lo sbarco italiano furono stimate in circa 4000 uomini in schiere frammiste di regolari turchi, arabi di Bengasi e beduini dell'interno, e per il suo comportamento al Granata venne concessa la prima di una lunga serie di medaglia, la Medaglia di Bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione:

"Con la voce e con l'esempio incitava i dipendenti all'attacco alla baionetta, eseguito dalla compagnia contro una trincea. Bengasi, 19 ottobre 1911"

Nei giorni successivi la situazione a Bengasi si normalizza, e per i soldati inizia un periodo di adattamento al nuovo territorio e al nuovo clima, come ben descritto nel poetico inizio della prossima missiva:

Bengasi 1° Novembre 1911

Carissima,
ieri ho ricevuto la tua spedita il 23. Suppongo che all’ora in cui ti scrivo avrai già ricevuto le altre mie inviateti. Ti scrivo stando lungo coricato in una trincea nella quale ho vegliato tutta la notte col mio plotone in attesa di qualche turco di passaggio. Ma nessuno è venuto a turbare il silenzio della notte plenilunare ed io sono rimasto così, avvolto in quella coperta che è tutta la mia casa con gli occhi fissi all’orizzonte di questa vastissima pianura, o sperduti nella trasparenza opalina del cielo.
Il freddo pungente della notte fa vivo contrasto col calore del giorno. Tanto più che la mancanza di coltivazione impedisce la rifrazione dei raggi solari. Ma mi son quasi abituato.
Da dodici giorni che ho messo piede su questa terranno non ho avuto ancora il piacere di entrare in Bengasi. Il nostro reggimento, con la scusa che fa parte di una brigata completa è sempre stato impiegato nei servizi più faticosi. E sembrerebbe una esagerazione, la 4° compagnia, da che manca il capitano, è diventata la cenerentola del reggimento.
Che si dice costì? Qui non giunge alcuna notizia. Mandami dei giornali.
Il terzo genio non è venuto, nemmeno il terzo battaglione del 63°, suppongo che siano stati diretti a Derna. Se questa mia ti giungerà, ti prego di inviarmi in un pacco postale: 2 camicie, 1 maglia e 1 mutanda di maglia, pesanti – qualche cravatta di flanella. Delle calze grosse – un po’ di sapone – e qualche fazzoletto. Non di più perché non saprei dove mettere la roba. Se papà vorrà aggiungerci un rasoio un pennello e un vasetto di sapone per la barba, glie ne sarei gratissimo. Da Pierro ho visto molte volte esposti quei volumetti del Poliglotta in cui esiste un completo formulario per ciò che può occorrere nella vita quotidiana in italiano, con a fianco la traduzione nella lingua straniera, con la pronunzia figurata. Se ne trovasse uno per la lingua araba avrei piacere averlo.
Quasi che l’indifferenza musulmana sia contagiosa, si è diventati perfettamente indifferenti a tutto ciò che nella vita ordinaria ci avrebbe prodotto una impressione qualsiasi. Si dorme per terra, con la faccia nella polvere con la stessa calma con la quale si andava a letto in Italia, si magia il rancio pieno di terra e di mosche con più gusto che se fosse un espresso o vongole. Si parla dei morti e dei feriti in battaglia al nostro fianco, come si trattasse di cose lette in un romanzo. E’ proprio vero che l’uomo è un animale di abitudine.
Una grande consolazione: Il governo ha inviato le sigarette e le vende a 7 centesimi il pacchetto. Peccato che per averle bisogni fare una marcia sino a punta Giuliana. Se voi avete la carta di Bengasi vedrete che lo sbarco è avvenuto a punta Giuliana e noi siamo a destra del villaggio Sidi Daud, i nostri avamposti sono oltre i pozzi di Foiat. Alla Caserma della Berka successe l’ultimo assalto. Un casermone più grande della caserma di Pizzofalcone ora tutto sfondato dalle cannonate. Bisogna per forza che mi tolga di dentro la trincea perché il sole scotta troppo. Abbiti mille e mille baci affettuosi e ricorda a Jolanda di scrivermi.
Bacia fortemente papà e tutti cotesti cari
Tuo Ettore
P.S. Raccomanda a papà i giornali e il formulario arabo

Da questa lettera emerge parte del carattere del Granata, uomo sicuramente con una mente vivace e curiosa, che si premura di richiedere un dizionario per meglio comunicare con la popolazione locale.

I giorni passano e, nonostante i successi, la situazione di "stasi" continua e ribelli libici usano quella che oggi verrebbe definita una tattica di guerriglia, mimetizzandosi tra la cittadinanza di giorno e attaccando di notte. Questo comporta una situazione di continua tensione che va a discapito del riposo notturno dei soldati, in più la situazione è pegiorata dalla mancanza di logistica e mezzi di trasporto:

Dagli accampamenti trincerati di ENE di Sidi-Daud – li 10 novembre 1911

Carissimi,
Vi ho scritto più volte ma la mancanza assoluta di risposta mi fa supporre che voi non abbiate ricevuto le mie. Se questa vi giungerà,vi sia apportatrice di buone mie nuove e di saluti affettuosi. 
Siamo accampati e trincerati formidabilmente con numerose artiglierie e mitragliatrici. Si è sempre in attesa di un assalto nemico che non viene mai e che, a mio parere, non verrà tanto presto. Ogni giorno la nostra cavalleria scorrazza per questa immensa pianura e ritorna sempre con prigionieri, armi e bottino. In pochi giorni si sono portati via ai turchi 4 cannoni Krupp e più di mille proiettili d’artiglieria. Tutti i prigionieri sono predoni, beduini, questi avvoltoi dall’occhio torvo ed ardente che di giorno sono fra noi a vendere datteri e confetture e di notte, inforcati i loro agilissimi cavalli e disseppellite le armi nascoste in qualche mucchio di sassi, provocano piccoli combattimenti agli avamposti e ci fanno lavorare per niente.
Sono un po’ stanco, ma più stanchi di me sono questi soldati. Figurati: di notte sempre svegli, o quasi, per non lasciarsi sorprendere nel sonno da questi traditori e di giorno con questo sole ardente a lavorare a far trinceramenti. Eppoi, guardie, ronde, perlustrazioni, avamposti, si susseguono con una rapidità tale che si compiono questi servizi automaticamente senza nemmeno saper bene ciò che si fa.
Ciò che mi meraviglia è che non si pensi ad andare avanti. Ci siamo piantati qui e si è sempre con la paura di essere scacciati. In queste pianure assolutamente livellate i mezzi meccanici di trasporto sarebbero indicatissimi, e messi al seguito delle truppe potrebbero far acquistare a questa una velocità di marcia giornaliera di circa 29 o 30 km, mentre invece siamo qui, con pochissimi muli i quali se bevono gran parte dell’acqua disponibile e per i quali occorrono ingombranti trasporti di foraggio. Ma io parlo essendo all’oscuro completamente di qualsiasi notizia. Perché non mi mandate giornali? Che si dice per la pace?
Sono cominciate le pioggie, brevissime e violente, ma non valgono a mitigare il calore del giorno e non fanno che aumentare il freddo e l’umidità della notte. Una notizia che è importante, ieri mi sono cambiato la biancheria. Da quando sono partito! Ora non potrò più farlo fin che non avrò
dell’altra biancheria.
Tolto qualche piccolo malessere provocato dall’elasticità dei materassi e dalla morbidezza dei guanciali sto benissimo. Solo starei meglio se potessi lavarmi la faccia tute le mattine e dormire su almeno due sacchi vuoti invece che su uno quelle notti che dormo sotto la tenda. Ma pazienza. Diogene buttò via la tazza quando vide che poteva bere a garganella, e io non ho provato nessun rincrescimento quando mi si è rotta la forchetta, la carne si prende così bene con le mani, che davvero non valeva la pena portare anche qual peso nello zaino.
Vi raccomando di scrivermi, qui la posta arriva il venerdì e parte il martedì e il venerdì, è sempre distribuita due o tre giorni dopo l’arrivo per il grande lavoro di cernita.
Abbiatevi i miei baci più cari e con la speranza di presto rivederci vi abbraccio tutti,
Ettore

La lettera successiva si apre con uno schizzo, a cui fa seguito una dettagliata descrizione, delle capanne in cui erano alloggiati i soldati. Apprendiamo poi che, in quella data, il nostro aveva il comando del III° Plotone della 4° Compagnia. Ma la scrittura della lettera s'interrompe bruscamente:




Sidi-Daud 28/11/911
Ecco in due tratti la baracca nella quale il III° plotone al comando dell’umile sottoscritto è alloggiata. Non è né molto comoda né molto larga: le tavole hanno intervalli e buchi dai quali il vento le mosche e la terra entrano senza farsi annunciare. Ma è preferibile alla tenda e alla nuda terra.
Ho ricevuto ieri il pacco di biancheria. Ne avevo proprio bisogno. Specialmente la camicia di flanella mi è, e mi sarà, di grande utilità. Il turco sonnecchia e ogni tanto si stiracchia. Invece noi ci stiracchiamo senza mai poter sonnecchiare. Fatemi il piacere di guardare sul Fanfani cosa significa la parola dormire. Me ne sono dimenticato… Il rasoio va benissimo, e oggi stesso mi sono raschiato un mezzo quintale di peli terra e altre schifezze dal volto. Poco fa mentre si mangiava il cannone tuonava lontano. La batteria che è con noi ha attaccato i pezzi ed è partita ventre a terra, un aeroplano si è librato sonoro. Ma tutto ciò non ci ha minimamente commossi. Si guardano e si assiste agli avvenimenti più straordinari con la stessa indifferenza con la quale si compiono le operazio-
Suona l’allarme

Fortunatamente l'allarme non interessa direttamente la linea del 63° ma postazioni leggermente distanti, e così le truppe possono solo osservare da lontano i combattimenti dello scontro che diverrà poi famoso come "Combattimenti di Koefia":


30/11/911 (Nota: Stesso foglio della lettera sopra)
L’allarme si è propagato su tutta la linea a infine anche la tromba con le sue note affrettate ci ha fatto sobbalzare. E dalle trincee abbiamo assistito alla battaglia lontana rodendoci per non potervi partecipare. Ma il nostro posto è qui e noi ci siamo dovuti accontentare di accogliere con un urlo di gioia la batteria che è rientrata la sera tardissimo dopo aver combattuto per più ore contro nemici numerosi e accaniti, insieme con quattro battaglioni di fanteria e due squadroni. Le nostre perdite ascenderanno a una trentina fra morti e feriti mentre quelle nemiche si calcolano ascendano a circa trecento; forse di più che di meno. E siamo stati ad aspettare che ci attaccassero fino a questo momento. Stamattina stanchissimo mi sono addormentato così, seduto, col fucile fra le gambe sulla trincea che tanti occhi ansiosi nasconde e tanti sospiri smorza per ergersi terribile, irta di fucili. Ma gli occhi che nelle ore dell’attesa conservano le dolci visioni della patria, fiammeggiano quando è l’ora dell’azione e quei cuori che sanno tutte le dolcezze degli affetti diventano crudeli, freddamente crudeli quando si parla dei nostri amicissimi turchi arabi i quali vorrebbero venire a passare la loro pasqua che ricorre venerdì, a Bengasi ma ti assicuro che abbiamo loro preparato certe uova… e certi confetti…nelle mie giberne ce ne sono centoventi che mi pesano da un pezzo sullo stomaco.
Ti bacio caramente insieme a tutti cotesti. Fra non molto spedirò qualche medaglia per coteste bambine.
Ettore

Passano le settimane e come si nota la distribuzione della posta procede a fatica e visto che per in soldato in guerra la posta è una cosa essenziale, al pari dell'aria che respira, perchè è l'unico contatto con la famiglia o l'amata, e una sua mancanza può avere pesanti effetti sul morale.

Comunque a rinfrancare gli animi anche se in guerra si festeggia il S. Natale. Purtroppo i festeggiamenti riservati dai turchi ai militari italiani non si limitano a semplici mortaretti, ma fortunatamente non si registrano grosse conseguenze e il nostro sergente maggiore riesce, con una "breve" camminata, a procurarsi dei piccoli lussi, come la cioccolata, per festeggiare degnamente:


Bengasi 29/12/1911
Carissimi,
è già diverso tempo che non ho vostre nuove. Forse ciò dipende dai ritardi enormi che si sono verificati nell’arrivo dei piroscafi causa il mare tempestoso. Natale è passato, ma se per voi è stato un Natale come quello di ogni anno il mio è stato un Natale che non lo dimenticherò mai più.
Premettiamo che la mia compagnia è agli avamposti e che procurarmi un po’ di cioccolata è qualche bottiglia ho dovuto fare circa 14 kilometri di marcia. Ci trattenemmo fino alla mezzanotte del 24 e fra una ronda alle trincee e un sorso di marsala la serata passò più allegramente di quello che si potrebbe credere. Verso le 24 rientrò uno dei nostri informatori arabi e ci disse che il nemico aveva deciso di attaccarci con gran parte delle sue forze l’indomani, 25, alle otto: prese tutte le disposizioni del caso ci addormentammo. L’indomani prestissimo cominciarono a delinearsi all’orizzonte grandi masse oscure dei regolari turchi mentre nugoli di Cabila cavalleria araba stormeggiavano nell’oasi del Foiat a noi di fronte. Immediatamente un concerto infernale cominciò da tutte le ridotte e da ogni trinceramento la nostra artiglieria inviava i suoi messaggeri di morte. Nonostante lo scompiglio prodotto dallo scoppio degli srapnels, il nemico riuscì ad appostare una batteria di cinque pezzi. Ma il loro tiro era inefficace perché troppo corto e troppo alto. Solo tre granate giunsero a circa trecento metri dai nostri trinceramenti. La maggior parte delle nostre batterie concentrarono i loro tiri sui pezzi nemici costringendoli al silenzio. Sino verso le 17 durò il cannoneggiamento. La cavalleria dispersa, la batteria squinternata, il nemico si ritirò. Dopo essere stati tutta la notte in vedetta per timore che durante la notte volessero rioccupare l’oasi dalla quale erano stati scacciati, esplorammo l’oasi ma, malgrado vi fossero tracce di sangue non si trovarono che due o tre cadaveri. Ma si è saputo poi che due dei loro pezzi erano stati rotti e il capitano della batteria ferito, due cannonieri morti e numerosi feriti. Questo naturalmente è un “si dice” ma è certo che perdite ne avranno avute. Altrimenti non si sarebbero ritirati. In ogni modo non c’è stato male. Ora li aspettiamo da una notte all’altra. Il tempo è orribile, piove e fa un vento fortissimo. Il fango è alto fino ai garretti. Ma ci hanno abituati anche a questo.
Sono stati distribuiti ai soldati i famosi doni. Non ve ne dico nulla!
Una scatola di sardine, un sedicesimo di panettone, una bottiglia in otto, sotto che ne avrebbero voluto per lo meno sedici, e via di questo passo. Sparti ricchezza diventa povertà. Ma sono stati contenti lo stesso. Io sto bene, ogni tanto uno starnuto, ma è frutto di stagione. E costì cosa si dice della fine della campagna? Papà ha comprato la rivoltella? Rosa ha ricevuto le medaglie? Fra qualche giorno vedrò di spedirvene degli altri tanto non so che farmene e se crepo non vorrei che i miei denari andassero a finire in mano ai turchi.


Disegno inserito dal Granata nella lettera
Vi prego di mandarmi dei giornali e di scrivermi. Salutate i Filiari e abbiatevi i miei più cari baci,
Ettore

Finalmente arriva la posta, anche se tutta in una volta.

Bengasi li 8/1/912
Carissima Rosa,
ho ricevuto tutto in una volta ieri, pacchi lettere di un mese fa, cartoline. Grazie. Le notizie di qui si riassumono tutte in una parola niente di nuovo. Si fa la solita vita con qualche leggera variante: per esempio mi son fatto con due pezzi di tavola ed un sacco “a terra” una magnifica branda. Ma da quando l’ho fatta non ho avuto il piacere di dormirvi su più di tre o quattro ore di seguito e anche in quelle la magnifica branda s’è sfasciata ed il tuo caro fratellino è andato a battere culo a terra.
I soldati sono già seccati di non tirare mai un colpo di fucile: figurati io che sono graduato.
In questo momento è giunto il mio compagnissimo d’arme e mi ha consegnato la lettera di mamma del 25. Se questa mia giungerà prima che mammà abbia fatto la spedizione che mi preannuncia nella lettera dille che degli alpini non si curi perché se non sono fatti su misura rovinano i piedi, e i piedi qui mi servono.
Se mi spedisce qualche cosa dille che mi serve un cappuccio e possibilmente grigio verde, per metterlo alla mantellina.
Per la rivoltella di pure a papà che la metta fra la biancheria perché nessuno apre i pacchi e se lui vuole aspettare che sia terminata la guerra per spedirmela… Mi è necessaria perché quella che ho si è guastata. I versi di papà mi hanno dato un quarto d’ora di allegria. Il taccuino è magnifico, e il manuale italo-arabo è indicatissimo. I fichi ottimi, tutto ciò che mi avete inviato mi ha riempito di gioia. Non pel valore materiale ma perché ogni cucitura e in ogni particolare si scorgeva la cura e il pensiero affettuoso. Vi invio qualche altra medaglia e altre due monete trovate scavando una trincea, prossimamente mi riprometto di inviarvi una cassettiera con alcuni ricordi.
Baci affettuosissimi
Ettore

E' un vero peccato che il taccuino non sia giunto a noi poiché, se scritto con lo stesso stile delle lettere, sarebbe stata una testimonianza storica preziosissima.

L'anima poetica del Granata si evince ancora dall'incipit della prossima lettera:

Bendasi 28/1/912
Carissima Rosa
Hai mai guardato tu la luna verso le due dopo mezzanotte? Io stanotte la guardavo: con le spalle appoggiate alla trincea e il fucile appoggiato alla pancia, guardavo la luna che prossima a tramontare se la navigava placidamente fra i ciuffi delle palme. Per un fenomeno curiosissimo la luna ondeggiava nell’aria come una barchetta fra le onde. Allora io senza por tempo in mezzo mi son subito arrampicato su una palma e di li con un salto sono arrivato sulla luna, Sentivo un freddo da cane. Da quell’altezza vedevo benissimo tutto il golfo di Napoli illuminato. Avrei voluto buttarmi giù ma preferii di lasciarmi andare lungo uno dei lunghissimi raggi d’argento, e scivolai piacevolmente fino al piazzale dei bersaglieri; di li due salti fui davanti le finestre di casa. La finestra di stanza da pranzo era aperta: entrai. E incontrai mammà in camicia che con un fucile sulle spalle girava per la stanza “Che fai?” domandai. Devo dare il cambio alle vedette. Allora mi son messo a gridare “Che cambio e cambio. Sono appena le due!” “Signornò – rispondeva – son le tre passate”. In quella mi son svegliato e mi sono trovato con le spalle appoggiate alla trincea e il fucile sulla pancia. La luna era tramontata, e invece della luna c’era un caporale che voleva sapere se poteva dare il cambio alle vedette. L’unica cosa che sentivo ancora era un freddo cane. Fino alle quattro, se togli qualche colpo di revolver nel paese e una cannonata da una ridotta, tutto è taciuto.
Alle 4, un sorso di cognac e una dormita di due ore e mezzo su certe tavole morbidissime, e si è ricominciato col giorno nuovo la identica storia del giorno vecchio. Stanotte la ronda mi toccherà dalle 8 alle 12. Ed è più pericolosa perché è nel paese di Sidi-Doud. E camminerò 4 ore far i “chi va la” delle sentinelle e gli “avanti la parola”.
Ogni tanto qualche rumore improvviso mi farà correre in qua e in la. E questa è la guerra, per ora. Distinguerti, se te ne capita l’occasione. Almeno se fossi andato a Tripoli avrei potuto tirare qualche fucilata, ma al momento in cui me ne avrebbero tirata qualcuna a me (A proposito, non badare alla retorica ed alla grammatica. In guerra non se ne fa uso)
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Spero che avrete ricevuto il portafoglio al quale devo se la mia pellaccia è ancora integra.
Conservatelo perché se torno voglio trovarlo.
Abbraccia papà e da per me un bacio a mammà a te Jolanda e Carmela un bacio
Tuo fratello
Ettore
P.S. a proposito, mi dimenticavo un pizzicotto ad Argia

Interessante notare come, rispetto alla prima lettera, il "portafoglio salvatore" abbia assunto importanza. Probabilmente i mesi di guerra hanno fatto cambiare prospettiva e ha compreso l'importanza di quell'oggetto e la fortuna che ha avuto.


Nel frattempo la carriera chiama e, nonostante le mansioni e gli obblighi, il nostro ha anche trovato il tempo di studiare per prepararsi agli esami per la promozione a ufficiale:


Bengasi li 18/2/912
Carissima
Oggi giornata del giudizio. L’esame è fatto. Gli esaminatori daranno fra giorni il responso. Il tema: Principali caratteri tattici della presente guerra.
Fu salatuccio anzi che no. Accendi un cero innanzi a S. Ermanno dell’Angelo che esce il giorno in cui approssimativamente uscirà il bollettino. Il grande bollettino.
Notizie da voi? [parola incomprensibile]. Perché? Perché stasera ho i nervi che mi ballano maledettamente. Perché?
Per adesso vi bacio affettuosamente, e sempre avanti Savoia!
Ettore

Promozione che, anche se ufficiosamente, arriva poco meno di un mese dopo. Prima preoccupazione? La nuova divisa, sperando di essere trasferito a qualche reparto di stanza in una città.



Bengasi li 11/3/912
Carissima mammà,
il cattivo tempo non ha permesso lo sbarco della posta che ha proseguito per Derna. Sino al ritorno del piroscafo non sarà possibile ricevere vostre nuove. Da ogni parte mi è confermata se non ufficialmente, ufficiosamente, la mia nomina a sottotenente.
Cosichè, benché io non sia a giorno delle vostre decisioni a proposito degli abiti e degli altri oggetti, vi prego, in caso siano affermative, di fare in modo che gli abiti, per lo meno, mi giungano qui per la fine del mese. Sarà facile che con la promozione io venga trasferito a qualche reggimento di stanza a Derna Tripoli Tobruck e simili luoghi di villeggiatura. Speriamo bene. Papà come stà? Certo sarà per lui un nuovo fastidio questo che gli do, ma se fossi stato in Italia la cosa sarebbe 
 stata differente.
Ti invio due monetine di argento che presto diventeranno molto rare perché il governo sta procedendo alacremente al ritiro.
La più piccola vale £ 0,225 e la più grande 0,45.
L’altra moneta di bronzo è stata da me trovata in un muro di una casa da noi abbattuta per sgombrare il campo di tiro. Ti prego di conservarla perché per prenderla mi stavo rompendo l’osso del collo.
E le mie Sirocchie?
Ho visto che il torrone non vi è piaciuto. Cercherò di mandarvi dell’altro. Tralascio perché siamo in gran trambusto dovendomi recare al posto di riconoscimento. La resteremo 15 giorni e cioè fino al giorno 26. Ti bacio insieme a cotesti cari
Tuo
Ettore
P.S. All’ultimo momento non ho più trovata la monetina di bronzo. Chissà dove sarà andata a finire. C’è una confusione qui…

E arriviamo ala fatidica data del 12 Marzo 1912, che diverrà famosa per essere la giornata delle "Battaglia dell'oasi Due Palme":



Bengasi li 14/3/912
Carissimo papà,
Ho finalmente un po’ di tempo per scriverti ma ogni commento alla grandiosa battaglia stravinta il 12 c.m. guasterebbe. Ti bastino i due presenti ordini. Io sto benissimo. C’è stato qualche momento in cui ho avuto il timore di morire senza avere la soddisfazione di mettermi in testa il berretto da sottotenente: ma ormai tutto è passato. La lezione data il g.12 è di quelle che non si dimenticano a i turchi arabi se ne ricorderanno. Stamattina aspettavamo i regolari turchi che minacciarono ieri di venire alla riscossa, ma si vede che la paura fa novanta. Tu stai allegrissimo e pensa alla salute. Se tu fossi qua ti passerebbe il dolore allo stomaco, certo, sai.
Bacia caramente mammà e le sorelle e abbiti un abbraccio, tuo
Aff.mo figlio
Ettore
P.S, mandami tanti giornali, specialmente quelli che parlano di questa battaglia e la lettura dove
parla degli ascari eritrei.
Baci
Ettore
(Nota: la lettera è scritta sul retro di un ciclostile di un ordine delle truppe)

Il ciclostile del comando 4° Brigata che funge da supporto alla lettera:


Un secondo ciclostile, del comando della 2° Divisione:




Adesso facciamo un salto avanti di un anno, a causa di mancanza di documentazione, e troviamo il sottotenente Granata ora in servizio presso il 40° Reggimento Fanteria della Brigata "Bologna".
La località di Ain Mara è sita all'interno del territorio libico, a ovest di Bengasi.

Ain Mara 29/7/913
Carissimi,
sono ad Ain Mara (sorgenti del Mara) da due giorni, e vi sono giunto dopo una graziosissima marcia di circa 40 Km.
Isolati completamente dal mondo civile, siamo in comunicazione con Derna solo a mezzo di una
carovana che parte e arriva ogni dieci giorni, teoricamente, ma ogni volta le condizioni di sicurezza
 lo permettono, cioè abbastanza di rado. La posta viene affidata a degli arabi, quindi figurati che sicurezza si ha che le vs lettere giungano in porto.
Stiamo lavorando alla costruzione di una ridotta. A due km di marcia da qui vi è un forte accampamento nemico. Ma per ora l’ordine è di non molestarli.
Spero che state tutti bene, benché non abbia ancora ricevuto vostre nuove. La famosa pensione che fa? Viene o è ancora per strada? E per la casa cosa avete deciso?
Siamo a cavalieri di alcune colline e sottoporta vi è una graziosa valletta piena di verde, abitata solo da due famiglie arabe.
Vi è acqua in abbondanza perché siamo presso le sorgenti del Mara, piccolo fiumicello.
Del resto tutto attorno è il solito terreno brullo ricoperto a volta a volta da qualche cespuglio di ginepro, una miriade di falchi rota per aria insieme a qualche cicogna. E la notte gli sciacalli fanno sentire il loro lugubre latrato. Il clima è alquanto fresco perché siamo a circa 400 metri di altezza. In complesso, se non fosse la desolante solitudine non si starebbe male. Ma non si ha il tempo di rammaricarsi perché il lavoro e il servizio non ce lo permettono. Scrivetemi dirigendo le vostre lettere a Derna.
Io non ho bisogno di nulla. Solo di ricevere vostre nuove. Abbiatevi tutti i miei baci insieme ad un capelvenere raccolto alla sorgente del fiume.
Vostro Ettore

La guerra è ufficialmente finita, ma le operazioni per la conquista e la pacificazione dei territori sono ancora nel vivo:


Ain Mara 12/9/913
Carissima mammà
Ho passato un guaio serio. Fra tre o quattro mesi mi toccherà forse spendere una lira e cinquanta per ogni giubba che mi sarà rimasta di quello scarsissimo corredo che ho.
Tu dirai: Perché? Ecco : forse mi allungheranno il nastrino azzurro.
Se continua di questo passo finirò per non aver più che nastrini. Quanto preferirei un bel bigliettone da mille!
Basta, vengo al fatto. Questa mattina, con quaranta soldati, sono stato mandato ad occupare una posizione a 4 Km da Ain Mara
Per proteggere una compagnia del 7° fanteria che eseguiva più indietro alcuni lavori stradali. Mentre io giungevo nei pressi della posizione da occupare ho trovato che una ottantina di arabi avevano trovato più comodo occuparla essi e quando mi hanno avuto a tiro mi hanno aperto addosso un fuoco vivissimo. Insomma per fartela breve, la compagnia del 7° è scappata, e io dopo aver occupata la posizione con viva forza mi sono trovato bellamente isolato e circondato da altri arabi accorsi.
Ho resistito filosoficamente fino a che una trentina di soldati del 40° non è venuta in mio soccorso.
Totale della giornata 7 feriti dei nostri tutti del mio plotone. Abbiamo, appena giunti i rinforzi, scacciati indietro quei lazzaroni e poi siccome era tardi ce ne siamo ritornati alla ridotta con tutti i nostri feriti, e con i soldati col veleno ai denti contro quelli del 7° fanteria che avevano preferito lasciarci da soli piuttosto che correre l’alea di qualche fucilata.
Io ora che ti scrivo sto benissimo salvo una leggiera raucedine prodotta dalla fatica della giornata. E se come ti dicevo mi allungheranno il nastrino, ti giuro che io non ci ho colpa. La posta, causa queste continue rotture di scatole diventa di estrema difficoltà. Perciò non ti preoccupare se qualche lettera ritarda, dammi piuttosto frequenti tue notizie e se ti servono soldi scrivimi che ho ancora una cinquantina di lire disponibili e non vorrei avere il rimorso di lasciarle in mano agli arabi in qualche occasione simile a quella che ti ho detto dianzi.
Bacia tanto Ro Tato Carnù e saluta tutti quelli che vuoi.
Per te un abbraccio
Ettore
P.S Saluti ai De Simone, specialmente a Lietta

Questa lettera ha un particolare molto spiritoso, nella missiva le pagine scritte si alternano a pagine riportanti una scritta ciascuna di quelle qui sotto riportate, che penso racchiudano bene anche il combattimento narrato:








Comunque dopo l'azione il nastrino arrivò, e servì a sostenere una Medaglia d'Argento al Valor Militare con la seguente motivazione:

"Comandante di plotone destinato ad un posto avanzato, benchè improvvisamente assalito da forze superiori nemiche, riusciva a raggiungere la località designatali e vi si manteneva nonostante il fuoco nemico, dando esempio di molto coraggio e di grandissima fermezza nella condotta del suo reparto. - Sidi Haled, 12 settembre 1913" (1)

Passano i mesi e con la promozione a ufficiale arrivano anche tutte gli oneri connessi, e, visto che il lavoro non manca mai, l'invio di lettere langue, come lamentato dalla famiglia:

Zauia Feidia 4/1/914
Carissima Rosa
Hai ragione di lamentarti: ma io nemmeno ho torto. Non so più se sto in un corpo di truppa o in un gruppo di pazzi relegati a Zauia Feidia perché non siamo di incomodo all’umanità.
Un po’ per il tempo orribile che imperversa, un po’ per questo, un po’ per quello non ci mandano mai niente, la posta arriva ad ogni morte di vescovo, le tende se ne vanno a farsi benedire per il vento, la pioggia, la grandine, l’ira di dio e di settecentocinquantamila diavoli che si scatena.
Le ricognizioni ci sono, qualche allarme ogni tanto non manca, i muri si debbono costruire, le trincee cambiano posto ogni cinque minuti, il tifo corre, il mio comandante di compagnia se ne è andato all’ospedale a mi ha lasciato il comando di una compagnia di reclute da istruire, scozzonare, confortare, maledire. E io comando allegramente il mio plotone, la compagnia, e faccio da aiutante maggiore al comando del mezzo battaglione.
In tanto frangente qualche dolore di denti non manca.
Capisci benissimo che con tutte queste belle e piccole care cose, voglia di scrivere ce n’è pochina e
che io sia un po’ peccatuccio. Non ti pare?
[...]
Ho ricevuto il pacco con la biancheria e i biscotti e quello con i biscotti e le scarpe: con le quali ti abbraccio insieme con Tatò, Carmè, mammà e accarezzo dolcemente la signorina De Simone
Ettore
Cirene ps Zauia Feidia
P.S. Fra cinquanta giorni o poco più farò vela per Parma.
Voglio fare una scorpacciata di Parmigiano!

E con questa lettera si chiude l'epistolario giunto a noi.

Ma la carriera del Granata continua e lo scoppiare della Grande Guerra lo trova in prima linea col grado di tenente.
Durante la Seconda Battaglia dell'Isonzo si trova impegnato sul Monte Sei Busi, dove si guadagna un altro argento al Valor Militare con la seguente motivazione:

"Comandante di compagnia, nell'avanzare in rincalzo col proprio reparto, dava bell'esempio di coraggio e di calma ai suoi dipendenti. Ferito piuttosto gravemente, continuò a combattere, riportando, con grande energia, sulla linea di fuoco dei militari dispersi. - Monte Sei Busi, 25 luglio 1915".

L'anno successivo riceve la promozione a capitano e passa al 231° Reggimento Fanteria della Brigata "Avellino". E durante la Sesta Battaglia dell'Isonzo riceve la quarta, e purtroppo ultima, decorazione al valore.
Nella giornata che vede la conquista italiana di Gorizia, infatti, il capitano Ettore Granata viene colpito a morte e alla sua memoria è concessa la Medaglia d'Argento al Valor militare con la seguente motivazione:

"Con mirabile sangue freddo guidava la sua compagnia all'assalto delle trincee nemiche, fiaccando le ultime resistenze dell'avversario, finchè trovava gloriosa morte sulla posizione conquistata. - Grafenberg, 8 Agosto 1916"

Purtroppo non sono note le sorti dei suoi resti mortali, che è probabile riposino tra gli ignoti al sacrario di Redipuglia.



A cura di
Arturo E. A.

Note:
1) nella stessa azione furono concesse altre due medaglie d'argento al valor militare:
- Salvagno Pietro, da Montemale di Cuneo, caporale 40° Reggimento Fanteria "Benchè ferito, seguitava a comandare la propria squadra e coadiuvava il trasporto di un ferito. - Sidi Haled, 12 settembre 1913".
- Gubbetta Pietro, da Craveggia (Novara), soldato 3° Reggimento Genio "Benchè ferito piuttosto gravemente continuava a combattere, dando esempio di molto valore. - Sidi Haled, 12 settembre 1913".

Bibliografia:
- La guerra Italo-Turca di Cesare Causa, Salani Editore 1914
- Enciclopedia Militare, Volume vari - Istituto editoriale scientifico S.A.  1927 - 1933
 - Riassunti Storici dei Corpi e Comandi nella guerra 1915 - 1918 , Roma - Libreria dello Stato.-   Sito internet dell'Istituto del Nastro Azzurro ttp://decoratialvalormilitare.istitutonastroazzurro.org/